SCRIVE: MASSIMO SANTALUCIA
Succede che un noioso martedì mattina ti ritrovi bloccato nel traffico con la tua auto mentre la pioggia allaga le strade e il lentissimo camion della spazzatura davanti a te peggiora la situazione. Il netturbino completamente fradicio prova ad accelerare svuotando i cassonetti colmi di pattume ma non riesce a battere sul tempo l’incessante suono dei clackson che proviene dalla auto di chi non ha tempo di aspettare, nemmeno quella persona che sta lavorando per tenere la città pulita. Il tempo per pensare magicamente trova spazio e la tua testa ancora addormentata si riempie di una domanda. È questo il mondo che siamo riusciti a costruire? Un universo lento e silenzioso ci ha regalato la possibilità di esistere e se ne sta appollaiato la, a debita distanza, osservando quello che combiniamo da lunghi millenni. La tentazione di suonare viene anche a me, poi preferisco non contribuire al concerto di insulti verso quel lavoratore che sta solo facendo il suo dovere e provo a prendermi quel tempo, che a lavoro mi faranno pesare tantissimo, per provare a darmi una risposta; insomma, siamo sicuri che ci stiamo dando una possibilità su questa terra? Siamo costantemente sommersi dalle nostre scartoffie, dall’ossessione di raggiungere i nostri obiettivi sin da bambini, quando ci spronano ad essere migliori del compagno di banco, piuttosto che aiutarlo quando è in difficoltà durante le verifiche. Mentre sono seduto sullo scomodo sedile della mia utilitaria mi pongo delle domande che non ho nemmeno il tempo di pensare usualmente e la cosa mi inquieta non poco;
Vale davvero la pena dedicare una vita intera a questi sacrosanti sacrifici? Chi ci dice che faticare per avere sempre di più sia sinonimo di qualità? Le nostre case, faticamene comperate con un lavoro odiato, saranno abitate da degli estranei tra qualche anno. Tutti i nostri beni materiali, compresa quella macchina per la quale lavori tutti gli straordinari, saranno posseduti da qualcun’altro. Il tempo sottratto ad amici e famiglia per vedere crescere quei numerini in banca non tornerà più indietro. Domande chiassose che non mi hanno impedito di arrivare in ufficio dove corro alla mia postazione, mi siedo, accendo il computer e apro la casella di posta elettronica. Il mio cervello e il mio corpo iniziano a lavorare di squadra e a compiere il proprio dovere. I pensieri che poco prima mi sembravano illuminanti e rivoluzionari si spengono come la fiamma di una candela abbandonata in mezzo alla strada. Mi distraggo per quattro ore e il tempo vola, proprio come siamo abituati a fare nelle nostre quotidianità per settimane, mesi e anni.
Smettere di porsi delle domande a volte è il modo migliore per ottenere delle risposte. Ad insegnarmelo è un signore anziano seduto al parco nel corso della mia sudatissima e bagnatissima pausa pranzo, dove sulla panchina mi divoro in pochi minuti il panino freddo comprato al supermarket. Lui mi guarda e con un mezzo ghigno mi racconta il film che ha visto la sera prima “Sai che è uscito questo nuovo film, si chiama “Il nuovo Universo” Dovresti andare a vederlo, e magari domani capirai che è meglio svegliarsi a mezzogiorno, prepararsi un ragù lentamente e non bagnarti il culo su questa panchina senza avere nemmeno il tempo di finire quel panino di plastica che hai in mano” Quell’uomo sembrava essere lì a posta per darmi una seconda possibilità.
Chi l’aveva mandato? Io avrò mai la forza di ascoltare quelle parole e non sentire soltanto un rumore? Arriverà quel giorno dove le idee pensate per i film avranno il coraggio di esistere nella vita di tutti i giorni Arriveranno gli anni dove i nostri idoli non saranno i multimilionari ma coloro che saranno capaci di regalarci un universo senza concetto di futuro, dove l’assenza della salvezza del domani non potrà impedirci di goderci l’unica cosa che davvero esiste e conta; il nostro oggi. Arriverà un giorno dove i drivers bloccati nel traffico scenderanno dalle loro auto e sotto la pioggia aiuteranno i netturbini a buttare la spazzatura.